TESTIMONIANZE
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TESTIMONIANZE
LA STORIA DI ROSALBA – VOGLIO VEDERE LA VITA E LA SPERANZA
Ho cominciato a fare la volontaria per RomAIL 27 anni fa. Posso dire allora di aver visto crescere sia l’associazione che Casa Vanessa.
Era il 1994, il primo anno delle uova di Pasqua e mi occupavo dello stivaggio delle varie confezioni nel palazzetto del professor Dante Manfredi. Poi ho incontrato la signora Vanella Imperatori e lei mi ha chiesto di fare la volontaria in modo un po’ più organico.
Abitavo a via dei Colli Portuensi e andai a parlare con la capo-piazza di lì. Dopo due o tre anni lei e il marito hanno lasciato l’Associazione e Anna Verdecchia mi chiese: “Rosalba, vuoi prendere tu la responsabilità dei Colli Portuesi?”. Io dissi: “Perché no?” e così mi sono rimboccata le maniche.
Ho coinvolto il quartiere, le amiche, i negozianti, tutti mi conoscevano. RomAIL all’inizio faceva poche cose, ma con il passare del tempo si moltiplicavano gli eventi, le iniziative ed anche il tempo da dedicare cresceva. Il Professor Mandelli veniva sia per le stelle di Natale che per le uova di Pasqua a trovarci in piazza tutti gli anni e mi faceva sentire importante.
Con tutti i volontari aveva un rapporto meraviglioso, di grande motivazione e coinvolgimento così che anche quello arrivato per ultimo si sentiva importante. Era un passo dopo l’altro, una crescita esponenziale, sempre con una tendenza di positività: il lavoro aumentava ma pure l’entusiasmo. E questo era ed è bellissimo.
Poi mi sono ammalata nel novembre 2002 e a dicembre stavo sotto chemio. Sono stata chiusa un mese in camera sterile. La diagnosi fu di leucemia promielocitica, una brutta bestia.
Entrai in reparto mercoledì pomeriggio e il giovedì mattina alle 6,30 il Professor Mandelli apre la porta della camera come una furia e mi dice: “Rosalba, che ci fai qui?”. “Caro professore – risposi – ce l’hanno in tanti, ce l’ho pure io”. “Fino a due anni fa – mi disse Mandelli – la leucemia promielocitica era una delle peggiori, ma adesso ci sono farmaci che ci fanno ben sperare”. “Allora sono pure fortunata, ho aspettato che uscissero questi farmaci” dissi ridendo.
Sono sempre stata molto attiva, mi davo da fare e la piazza dei Colli Portuensi era diventata una delle più performanti di Roma. Quindi all’Istituto mi coccolavano tutti. Dalla finestra della mia camera vedevo Anna Verdecchia e Roberto Bertoi che mi salutavano dagli uffici di RomAIL e anche questo mi serviva. Alle stelle di Natale del 2002 la gente chiedeva: “Ma dov’è la signora coi capelli rossi?”. “La signora ha la leucemia ed è ricoverata” rispondevano.
Allora la vendita delle Stelle fece un salto enorme, tutto il quartiere diceva: “Dobbiamo aiutare la ricerca e ROMAIL per la signora coi capelli rossi”. Poi, la signora coi capelli rossi a Pasqua del 2003 è tornata in piazza, certo stavo seduta su una sedia, ma la gente mi vedeva e diceva: “Evviva, la signora è viva, ce l’ha fatta”. Poi, nel 2015 il professore mi ha chiamato il giorno stesso che sono andata in pensione: “Rosalba, ti va di lavorare alla Residenza Vanessa?”
Oggi sono io, Rosalba, che con l’insegnamento e l’esempio di Zia Rosy, dedico il mio tempo a gestire la Casa AIL. E così cominciò. Era una casa vera e propria, e io già me la immaginavo come sarebbe diventata oggi e come sarà domani. Il mio lavoro è fare della Residenza un posto gioioso perché la sofferenza della malattia ognuno ce l’ha dentro ma il contesto esterno deve essere diverso.
Voglio un posto che, quando entra qualcuno dei residenti dica: “Sono a casa”. Cerco di far scegliere anche a loro, chiedere consigli, ascoltare suggerimenti. Insomma, coinvolgere le famiglie dei piccoli ospiti perché sentano questa come casa loro.
Ho fatto fare un murale nella sala ristoro allegro, con i pesciolini, una finestra che è il sole e una barchetta che è RomAIL. Abbiamo un dondolo in giardino. Poi faremo la ristrutturazione della cucina, ritinteggeremo le stanze con colori vivaci in modo che i bambini e i genitori si sentano circondati dalla luce.
Tutti i giorni sono qui dalle 7,30 alle 13,30. C’era una bacheca con tante foto di vecchi ospiti della casa. Purtroppo alcuni di loro non ce l’hanno fatta e non mi sembrava giusto tenerle lì, soprattutto quelle dei bambini. Non voglio nascondere i problemi né la realtà e non voglio nemmeno cancellare pezzi di vita di altri che sono passati da qui.
Ma quando i nuovi bambini mi chiedevano, indicando le foto: “Chi è questo? Dove sta?” mi riusciva difficile rispondere. Io voglio vedere la vita e la speranza.
A tutti i bambini che arrivano chiedo di fare un quadro e ci sono attaccati alle pareti tutti i lori disegni o dipinti. Ognuno con la propria cornice. Non sono né Picasso né Guttuso ma per me hanno un valore molto più alto.
Qui c’è un insieme di etnie e culture di mezzo mondo e questa è una ricchezza bellissima. Ho organizzato un pranzo in cui ognuno ha cucinato una cosa del proprio Paese. È stata una esperienza molto bella, di grande unione tra gli ospiti delle varie stanze. Sul tavolo c’era di tutto, dal cous cous ai dolci.
Oppure a Carnevale, in cui tutti si mascherano, perfino io. Poi, oltre alla Residenza Vanessa, c’è sempre Colli Portuensi e i volontari sono impazienti. “Rosalba, quando cominciamo?”.
Io poco prima delle manifestazioni organizzo una cena a casa mia con tutti e li stresso: “Ahò, quest’anno dobbiamo fare di più, mi raccomando…”. Faccio come i manager rompiscatole, perché io, un po’ rompiscatole lo sono davvero.
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