TESTIMONIANZE
DAI VOCE
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La tua storia ha un valore che non si può misurare. Raccontacela per dare coraggio e speranza a chi pensa di essere solo nella sua battaglia. Insieme siamo più forti.

GIADA, EX PAZIENTE

Era l’estate del 2003, avevo già da tempo sintomi che mi preoccupavano. Continuavo a fare controlli perché non mi sentivo bene: non riuscivo a respirare e a volte mi sentivo soffocare. Sono andata avanti così per mesi. Il medico mi diceva che era l’ansia, perché gli esami risultavano perfetti, e pensavano fosse un problema psicosomatico.

Poi ho deciso di fare una visita dall’otorino che ha scoperto una deviazione della trachea e mi ha consigliato di fare un’ecografia. Successivamente mi hanno detto di andare in ospedale, e da lì è iniziato tutto. Mi hanno operato alla tiroide, ma poi hanno capito che il problema era altrove. Non dovevano rimuovere nulla dalla tiroide, era il linfonodo il vero problema. Da lì ho iniziato il percorso di cura con la dottoressa Cavalieri. Avevo 24 anni, è stato molto pesante per me.

Ero giovane, mi sono ritrovata anche senza lavoro, perché l’azienda dove lavoravo non mi ha rinnovato il contratto. Anche la mia relazione con il mio attuale compagno ha avuto dei problemi: lui voleva starmi vicino in un modo, mentre io lo volevo vicino ma non troppo. Mi vergognavo per tutto quello che dovevo affrontare con la chemio. Alla fine, si è al-lontanato, pur stando male, e ho dovuto affrontare molte cose da sola. Il lavoro e l’amore sono stati complicati da gestire.

Fortunatamente, col tempo le cose sono migliorate. Non ho perso tutti i capelli, quindi non ho avuto lo shock di vedermi senza. Non avevo detto a nessuno della mia malattia perché non volevo che mi facessero domande, ma mi sono pentita di questa decisione perché ho dovuto affrontare tutto da sola. Oggi consiglio di parlarne ad alta voce, perché parlare aiuta ad affrontare meglio la situazione. In quel momento, però, parlarne al di fuori dell’ambito familiare, mi spaventava.

Oggi penso che tanta gente si avvicini quando sei in queste situazioni, sia per affetto che per curiosità. Hai paura e ti schermisci. Cercavo di fare la mia vita e ho trovato lavoro come figurante per una trasmissione televisiva, che mi distraeva. È importante tenere il cervello occupato.

Per fortuna, c’era una cura. Ho seguito un percorso chemioterapico di 6-8 cicli, seguito da radioterapia. Ho iniziato le cure ad agosto e ho terminato prima di Natale. Dopo quasi un anno c’è stato un miglioramento e le cose sono andate sempre meglio. I medici che mi hanno curata sono stati molto disponibili, e mi fido tantissimo della dottoressa Cavalieri: lei è calma e discrezione fatta persona, e in questo sono stata fortunata.

Dopo le cure, dovevo fare controlli ogni tre mesi, poi ogni sei mesi. Rivivere spesso quelle sensazioni non è semplice. A 30 anni è ancora più difficile, ma non mi sono mai fermata. Ho avuto un figlio, ho cambiato lavoro e sono tornata alla vita “normale”.

Non ho mai avuto rapporti diretti con AIL né ho fatto volontariato, perché una volta uscita dalla malattia non volevo più sentirne parlare. Compro le piante e dono in altro modo, ma non sono volontaria. Prima non c’era la possibilità di conservare gli ovuli, e pensavo di non poter avere bambini. Pensavo all’adozione, ma poi sono rimasta incinta ed è arrivato Tommaso, che ora ha quasi 10 anni. Nonostante mi avessero detto che non potevo averne. Ce l’ho fatta anche grazie al sostegno della famiglia.

Quando ho iniziato il percorso, tutte le mie zie volevano tagliare i capelli con me, un gesto bellissimo per non farmi sentire sola. Anche il mio compagno mi è stato accanto, anche se all’inizio è stato difficile. A volte si ha paura e non c’è una formula per il sostegno, non sapeva cosa dirmi. A volte è meglio stare zitti che dire la parola sbagliata in queste situazioni.

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