TESTIMONIANZE
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LA STORIA DELLA DOTTORESSA ELIA

Sono Loredana Elia, Dirigente Biologo del laboratorio di Diagnostica Molecolare delle malattie Linfoproliferative dell’Istituto di Ematologia – Azienda Policlinico Umberto I.

Sono arrivata qui nel 1981, per la preparazione della tesi di laurea, fino a laurearmi nell’82 con il Professor Mandelli. Di lui, tra i numerosissimi ricordi, ne ho uno ben preciso, che ancora mi fa sorridere. Lo avevo visto, per la prima volta, durante una lezione all’Università, ma non ero consapevole della sua nomea e importanza. Quando mi convocò in Istituto in via Chieti chiesi a una mia amica “ma chi sarà mai, come mai mi ha convocato?” Quando poi arrivai nel suo studio, lo vidi circondato da studenti, medici, volontari: era, già allora, “il grande Professor Mandelli” e io non lo sapevo!

Agli inizi del mio percorso professionale mi sono interessata di radioisotopi, quindi di test che utilizzavano sostanze radioattive: indagini di tipo sierologico, come il dosaggio della ferritina e il dosaggio della vitamina B12, che venivano fatte appunto con sostanze radioattive.
Dopo qualche anno, il fronte della ricerca è un po’ cambiato: dagli anni ’90 ci siamo resi conto dell’importanza assoluta della diagnostica molecolare e abbiamo dunque cominciato a coltivare questo filone.  Grazie ad un intenso studio, ho cominciato a mettere a punto delle metodiche molecolari: all’inizio mi sono occupata soprattutto della parte che riguarda la tipizzazione dei pazienti che devono sottoporsi a trapianto e dei donatori: dunque una metodica che consisteva nello screening di pazienti e donatori per l’individuazione della compatibilità.

Dopo qualche anno, ho “passato il testimone” ai miei colleghi e mi sono dedicata, a partire dal ’93, alle leucemie acute. In particolare, mi sono concentrata sulle leucemie acute linfoidi: una patologia abbastanza rara, con una traslocazione citogenetica, cioè una “rottura” al livello dei cromosomi, che colpiva soprattutto i bambini molto piccoli, oltre che gli adulti. Ci siamo quindi impegnati a mettere a punto metodi per l’individuazione di tale gene anomalo.

Un passo molto importate è stato fatto più di vent’anni fa, quando il professor Mandelli insieme al professor Foà decisero di centralizzare le leucemie acute qui a Roma, nel nostro laboratorio. Questa scelta fu davvero rivoluzionaria ed ebbe un duplice, o forse triplice, effetto positivo: numerosi centri, magari molti piccoli, privi della strumentazione e dell’expertise per poter fare determinate procedure, potevano comunque trattare il paziente. Avevano infatti la possibilità di mandare a noi tutto il materiale, che poi noi lavoravamo fino ad individuare un marcatore molecolare: questo rappresenta una fase importantissima perché ci permette di individuare lo stadio di aggressività della malattia, la prognosi e la conseguente terapia per il paziente. Il livello zero e dunque uno dei più importanti. Allo stesso tempo, dunque, i pazienti avevano molti più centri a disposizione a cui rivolgersi e noi, dal nostro canto, abbiamo potuto maturare una grandissima esperienza sul campo: adesso la diagnosi è molto più completa.

Quindi, in più di vent’anni, 150 centri italiani fanno riferimento a noi, permettendoci di seguire i pazienti durante tutto il trattamento terapeutico che, molto spesso, dura tanti anni: un lungo percorso fatto di traguardi, per rendere sempre più solida ed efficace la ricerca scientifica sulle malattie del sangue.

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