TESTIMONIANZE
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La tua storia ha un valore che non si può misurare. Raccontacela per dare coraggio e speranza a chi pensa di essere solo nella sua battaglia. Insieme siamo più forti.

LA STORIA DELLA DOTTORESSA BALDACCI

Sono Erminia Baldacci, Medico Ematologo presso il Policlinico Umberto I.

Sono entrata qui in Ematologia, da studentessa, nel 1999. Ricordo ancora che non avevo ancora in mente chiaramente la strada che avrei percorso, la branca medica che mi sarebbe potuta piacere. Allo stesso tempo, ricordo però che la cosa che mi colpì fin da subito fu l’approccio che i medici avevano verso il paziente: non ci si raffrontavano solo come specialisti che dovevano curare una persona malata, ma come qualcuno che se ne prende cura a tutto tondo, anche dal punto di vista umano ed emotivo.

Un altro aspetto positivo del mio percorso in Ematologia è stato il forte coinvolgimento attivo di noi studenti: non eravamo lasciati immobili a seguire passivamente i corsi, ma venivamo fortemente coinvolti anche in attività pratiche. Così, anche spinta da questo, ho richiesto di fare in Ematologia l’internato per la tesi di laurea. Mentre scrivevo la tesi, ho iniziato quindi un lavoro pratico, andando in reparto tre volte alla settimana e questo mi ha subito responsabilizzata molto.
Mi sono laureata con una tesi sugli autotrapianti, con la professoressa Meloni, e ho fatto poi il concorso per entrare in specializzazione, lavorando sia nei reparti che negli ambulatori di prima visita e, l’ultimo anno, sono stata in pediatria.

Purtroppo, all’epoca non c’erano grandi possibilità di percorsi lavorativi tramite concorso, era tutto bloccato, e così, una volta specializzata, ho intrapreso un percorso con un contratto di ricerca nell’ambito della coagulazione. Una strada “casuale” che poi mi ha appassionata e che ho deciso di continuare a percorrere, e che percorro tutt’ora: si tratta di un ambito di nicchia, anche se siamo un centro di riferimento per la Regione Lazio, che riguarda l’ematologia non oncologica, dunque tutte le patologie emorragiche, come l’emofilia, o la piastrinopenia sia acquisita che congenita, oppure trombotiche. Un punto centrale di questa attività è sicuramente la continuità: si tratta infatti, nella maggior parte dei casi, di pazienti che tu segui dalla nascita, li conosci profondamente, conosci la famiglia e, per questo, è importante essere un volto familiare e un punto di riferimento per loro.

Parallelamente, mi occupo anche di assistenza domiciliare: terapie palliative indirizzate non solo ai malati terminali ma anche ai pazienti cronici o fragili che non possono venire in ospedale. Ad esempio, durante il Covid, molti pazienti a rischio che non potevano venire in ospedale per paura di contrarre il virus sono stati seguiti da noi a domicilio.
Quella dell’assistenza domiciliare è un’esperienza importante, diversa e preziosa: si entra nelle case dei pazienti, si conoscono le loro abitudini, i loro spazi, oltre che si entra a contatto con i loro familiari e caregiver, si vivono le loro dinamiche intime che spesso, in ospedale, sono solo riflesse. Si instaura un rapporto speciale. Un coinvolgimento forte e bellissimo, che ti porta però a dover imparare a saper gestire le situazioni senza farti sopraffare.

Infine, il 30 dicembre del 2022 ho vinto un concorso al Policlinico Umberto I e oggi lavoro anche al Pronto Soccorso Ematologico, unico in Italia ad essere dedicato esclusivamente all’Ematologia. Un’occupazione del tutto diversa rispetto al reparto coagulazione e dell’assistenza domiciliare, perché prevede la rapidità, il pronto intervento, la gestione delle acuzie. Ma è proprio questo il bello del mio lavoro: la diversità e la possibilità di avere un approccio davvero a 360° con il paziente.

Quello che più mi ha arricchita è stato proprio questo, tanti approcci lavorativi e quindi tanti approcci con il paziente, accompagnati da esperienze umane importantissime grazie al rapporto con tutti i colleghi che ho incontrato nel mio percorso. Ed è tutto questo che ripaga la fatica, che sicuramente è tanta, perché qui in Ematologia non ci si ferma mai: a tutti i livelli, dallo studente fino agli strutturati, c’è sempre tanto da fare. Ma posso dire di essere veramente felice del lavoro che faccio e questo lo devo molto al fatto di lavorare in un ambiente veramente unico e di poter seguire e accompagnare i pazienti in tutto il loro percorso di vita. L’obiettivo di noi medici, infatti, anche nei casi più disperati, è poter essere al fianco di chi assistiamo, garantendo, per quanto possibile, serenità, tranquillità e aiuto anche nella gestione del dolore e delle preoccupazioni.

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