TESTIMONIANZE
DAI VOCE
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La tua storia ha un valore che non si può misurare. Raccontacela per dare coraggio e speranza a chi pensa di essere solo nella sua battaglia. Insieme siamo più forti.

DANIELA RONCONI, EX PAZIENTE E VOLONTARIA

La mia storia inizia vent’anni fa, nel marzo 2004. Tutto è cominciato con un dolore cervicale che mi ha portato a fare una risonanza magnetica. Il risultato ha evidenziato un crollo vertebrale, rendendo necessario un intervento urgente. Il giorno dopo, infatti, il Professor Cantore mi ha operato alla prima vertebra dorsale, che era completamente crollata, e il risultato ha confermato un mieloma multiplo.

Non sapevo neanche che cosa fosse il mieloma multiplo, non era un termine che conoscevo. Tramite il Professor Cantore, sono andata dal Professor Mandelli che mi ha confermato che si trattava di una bruttissima malattia del sangue. La notizia è stata davvero inaspettata, non avrei mai pensato che un dolore cervicale potesse rivelarsi un tumore del sangue.

Ho avuto un crollo psicologico devastante, pensavo che la mia vita fosse sconvolta e che non sarebbe più stata la stessa. Fortunatamente, però, il Professor Mandelli, con la sua grande competenza, mi ha assicurato: “Signora, però lei ce la deve mettere tutta.”

Dopo una serie di chemioterapie, ho fatto due trapianti di cellule staminali nel 2004. Uno dei dolori più forti è stato perdere i capelli. Vedersi trasformata, con sei chili in più e senza capelli, mi faceva sentire irriconoscibile. Ma nonostante tutto, il Professore mi rassicurava sempre, dicendomi che la malattia stava regredendo e che tutto stava andando bene.

Non ho mai avuto veramente paura di morire, grazie alla costante rassicurazione del Professor Mandelli. Inoltre, affrontavo bene le terapie e cercavo sempre di mantenere un atteggiamento positivo. Il Professore mi diceva: “Signora, se deve rompere un piatto, lo rompa, ma non si abbatta perché l’aspetto psicologico è fondamentale. L’ottanta percento della guarigione lo fa la psiche.”

Ho avuto anche il supporto degli psicologi dell’AIL. I volontari dell’AIL sono unici, ci seguono, ci consigliano e ci confortano. Ricordo una volontaria che passava nelle stanze per assicurarsi che stessimo bene.

Fortunatamente, dopo tutte le cure, le cose sono andate bene fino al 2017. Nel 2017, tredici anni dopo, ho avuto un nuovo dolore all’anca. Si è trattato di una recidiva, cosa che non mi aspettavo, dato che di solito le recidive di mieloma avvengono entro 3-4 anni. Purtroppo, come dice sempre il dottor Vignetti, il mieloma è una malattia bastarda che torna.

Con i nuovi farmaci, c’è una buona possibilità di cronicizzare la malattia, ma nel 2017 ho dovuto riaffrontare la chemioterapia e un altro trapianto di cellule staminali. Ho usato cellule prelevate vent’anni fa, che erano state congelate. Il Professore mi aveva detto che avrebbero potuto durare dieci anni, ma sono state efficaci anche dopo tredici anni.

Il processo di raccolta delle staminali è come un’aferesi terapeutica, una trasfusione in cui il sangue passa attraverso una macchina che separa le cellule staminali. L’autotrapianto richiede una chemioterapia molto intensa che azzera completamente il midollo osseo. Dopo il trapianto, il midollo viene rigenerato, libero dalla malattia.

La cura la prima volta è durata dieci mesi, e anche la seconda volta è durata circa lo stesso tempo. L’autotrapianto comporta un ricovero in ospedale di 20-25 giorni. La raccolta delle staminali dura qualche ora, mentre l’infusione delle staminali richiede un ricovero a causa della chemioterapia pesante. Dopo l’infusione, si aspetta che i valori dei globuli bianchi, rossi e delle altre cellule risalgano, e poi si viene dimessi con le dovute precauzioni.

Ancora oggi, dopo sette anni, faccio controlli ogni tre mesi, con analisi del sangue e delle urine. Inoltre, se sorgono dolori ossei, faccio ulteriori esami come radiografie.

I medici sono persone splendide, capaci di infondere sicurezza e certezza che le terapie stanno funzionando. Il Professore mi voleva molto bene e mi ha voluto anche come socia di AIL Roma e membro del CdA, perché mi riteneva una persona positiva. Ho partecipato a trasmissioni televisive, come quelle con Pippo Baudo su Rai 2, per raccontare il mio approccio alla malattia.

Il legame con l’AIL di Roma è diventato stretto. Dopo aver ricominciato a stare bene, ho iniziato a partecipare alle manifestazioni e ora sono volontaria di piazza, distribuisco uova e stelle di Natale. Non vedo l’ora di andare in piazza, dove la gente ci cerca e il riscontro è sempre maggiore.

Sono socia dell’AIL di Roma da 15 anni e il mio rapporto con l’associazione è strettissimo. Tutte le raccolte fondi che faccio, come quelle in memoria di mia madre e di mio cognato, le devolvo a loro.

 

Se non ci fossero stati il trapianto di cellule staminali, le cure monoclonali o l’immunoterapia, non sarei qui oggi. Faccio un mantenimento con la talidomide, un farmaco che negli anni ‘50 causava malformazioni, ma che ora è un inibitore delle cellule tumorali del mieloma. Anche se causa alcuni disturbi, è grazie alla ricerca che questi trattamenti sono disponibili.
Per me la ricerca è fondamentale. Se non ci fosse stata, la diagnosi di trent’anni fa sarebbe stata una condanna a morte. Una volta il Professor Mandelli mi sgridò per aver letto su Google che la vita media con il mieloma era di sei anni. Avevo 48 anni e due ragazzi di 12 e 14 anni, quindi la paura era comprensibile.
La trasparenza di AIL Roma è importante. So che i fondi raccolti vengono devoluti correttamente. Sono curiosa di vedere la Residenza Vanessa, ristrutturata con il fotovoltaico, e gli ambulatori restaurati, segno che i fondi vengono utilizzati bene e aggiungono valore.

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