TESTIMONIANZE
DAI VOCE
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La tua storia ha un valore che non si può misurare. Raccontacela per dare coraggio e speranza a chi pensa di essere solo nella sua battaglia. Insieme siamo più forti.

LA STORIA DI CHIARA

Mi chiamo Chiara Rinaldi. Era settembre 2008. Avevo 32 anni e un fortissimo dolore al petto. La dottoressa della ASL mi disse che era l’ansia che avevo perché non riuscivo ad avere un figlio che avrei desiderato più di ogni altra cosa.

A dicembre, ormai con la febbre altissima, tosse e incapacità a respirare, vado al pronto soccorso. Mi fanno le analisi e mi dicono che sono incinta. Non volevo crederci e per tutelare il piccolo ho firmato e sono tornata a casa. Ma le cose sono peggiorate. Dopo dieci giorni, torno e mi ricoverano in codice rosso. Avevo perso il bambino e mi hanno trovato una massa vicino ai polmoni di 14 centimetri per 11. Enorme.

Un Linfoma non Hodgkin. Dopo pochi giorni, ero a via Benevento per la prima visita col Professor Maurizio Martelli e la Dottoressa Alice Di Rocco, che sono il mio mix di vita e lo saranno per sempre.

Arrivata in via Benevento, mi ha colpita una bacheca che il Professor Martelli aveva nel suo studio. C’erano le foto di tanti neonati, erano i figli delle altre Pazienti che avevano vinto il loro linfoma: “Prima o poi ci attaccherò anche quelle dei miei figli, lì sopra” gli ho detto. E avevo di nuovo iniziato la mia nuova battaglia.

Le cure erano toste, a volte durissime, ma Alice mi preparava sempre. La perdita dei capelli è stata la cosa più difficile ma riuscivo a sorridere pure per questa ferita.

Ricordo ancora che, un giorno, ho temuto davvero di non farcela e allora mi sono fatta un giro da sola al cimitero Laurentino per scegliere il posto dove essere sepolta. Ma sono tornata a casa più tosta di prima.

E proprio con quella forza è arrivata la mia guarigione. Una volta guarita, la dottoressa Di Rocco mi ha detto: “Per me la remissione è completa. Apri quella porta e torna a vivere come sai fare tu”. Sono tornata a casa felice ma mio marito mi ha detto che lui era in crisi con me. Se n’è andato. È stata dura, ma è passata. Dopo sei anni di solitudine ho incontrato Roberto, anche lui voleva dei figli. E così sono arrivati Marco e Flavio. Con Roberto c’era un disegno di vita comune, era destino perché la vita io la devo prendere a mozzichi. Devo vivere, godere, combattere e non arrendermi mai.

Un ricordo indelebile sono i volontari di AIL Roma, determinanti. In sala chemio ti davano la forza, il coraggio, ti facevano fare una risata, ti davano la caramella e il sorriso, il calore e l’affetto. Gente speciale e anche molto organizzati.

Proprio per questo ho continuato a stare al fianco di AIL Roma: prima facevo la volontaria in viale Europa per le Stelle e le Uova. Adesso, che mi sono trasferita ad Anguillara, metterò su il banco con le Uova. Voglio farlo bello, con i fiori, i cestini di vimini. Voglio accogliere i donatori con amore.

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